Monforte srl
Digital carbon footprint

Mondo digitale, inquinamento reale

Siamo circondati da notizie sull’inquinamento prodotto dagli impianti industriali e dalle nostre abitudini perfette per l’economia globalizzata, ma pessime per il pianeta. Produciamo troppi rifiuti, consumiamo troppe risorse non rinnovabili, rilasciamo troppa CO2 nell’atmosfera. Dobbiamo ripensare il nostro modo di vivere nel mondo, rinunciare a qualcosa (o trovare delle alternative sostenibili) per avere in cambio un pianeta su cui continuare a vivere.

Nel nostro piccolo ci proviamo: usiamo i mezzi pubblici quando possiamo, non accendiamo le luci in casa quando non serve, cerchiamo di sprecare meno acqua possibile, facciamo la raccolta differenziata… Eppure ci sembra che non sia mai sufficiente, che il declino sia ormai irreversibile. Così alterniamo periodi di diligenza ecologica a periodi di “Massì, tanto il vero problema sono le industrie”.

Beh, non vorrei rompere le uova nel paniere a nessuno, ma c’è qualcosa in più che possiamo fare sia all’interno delle mura domestiche che al lavoro. Che cosa? Ecco qui.

Ridurre la propria Digital Carbon Footprint

Non se ne parla ancora molto, ma la rivoluzione digitale comincia a battere pegno a discapito dell’ambiente. Quella che sembrava una svolta green (e per certi versi lo è stata: basta pensare al minor spreco di carta) si sta rivelando più inquinante del previsto, complice la diffusione esponenziale dei device connessi a Internet.

Inviare una mail con allegato, per esempio, produce circa 50 gr di CO2, più o meno come fare 1 km con un auto a bassa emissione. Non si vede fumo nero di scarico, ma possiamo immaginarlo. Non è strano, quindi, che l’information technology (It) contribuisca per ben il 4% alle emissioni di CO2 a livello globale.

Si stima che entro il 2025 l’inquinamento prodotto dal mondo digitale aumenterà di tre volte in confronto ai livelli del 2010 (pari a più di 463 milioni di veicoli all’anno).

In che modo una semplice mail può generare tanto scompiglio? Non è la mail in sé per sé a essere inquinante, ma lo scambio di dati che coinvolge diversi programmi e server (MTA, MSA…) e che per funzionare richiedono grandi quantità di energia elettrica e talvolta di acqua.

Quanto consumano i data center?

I data center che contengono i server e in cui vengono immagazzinati ed elaborati i dati sono un argomento difficile: da un lato sono indispensabili, dall’altro hanno un’impronta ecologica non indifferente. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia sono responsabili di circa l’1% della domanda globale di energia.

Inoltre, gli impianti di raffreddamento usati per evitare il surriscaldamento delle macchine nei data center richiedono una grande quantità di acqua (water footprint): una ricerca dell’Imperial College di Londra dimostra che una diretta sui social richiede 20 litri di acqua, la visione di un film in streaming addirittura fino a 400 litri.

Alcune grandi azienda hanno già preso dei provvedimenti per limitare il loro impatto sull’ambiente: ad esempio, nel 2013 Facebook ha trasferito il suo data center vicino al gelido Circolo Polare Artico; Aruba ha acquisito quattro centrali idroelettriche e un parco solare riuscendo a produrre perfino una carbon footprint negativa; Verizon utilizza il machine learning per gestire il raffreddamento dei propri data center.

Ultimo, ma non ultimo: l’inquinamento per produrre e smaltire macchine e device digitali

L’estrazione di metalli usati nella costruzione dei server e dei diversi supporti digitali è un danno per l’ambiente (oltre che a essere spesso legata allo sfruttamento minorile): tali materie si stanno esaurendo e la loro lavorazione richiede energia e sostanze tossiche.

Anche lo smaltimento è un problema: pare che il volume annuale di e-waste mondiale sia in crescita e che attualmente solo il 17,4% dei rifiuti elettronici venga correttamente riciclato. In più, anche quando smaltiti nel giusto modo, i metalli rari, l’oro e i conduttori elettrici non vengono sempre recuperati.

Una strategia, che va contro la tendenza dei big dell’informatica, potrebbe essere quella di prolungare la vita dei device per produrne di meno e generare anche meno rifiuti.

Cosa possiamo fare a casa e al lavoro?

Ci sono diverse cose che possiamo fare e che a lungo andare ridurrebbero la nostra impronta ecologica. Ecco una breve lista di consigli:

  • evitare l’invio di mail non necessarie
  • ottimizzare le dimensioni dei file da inviare
  • archiviare documenti, immagini, file video… localmente, cioè all’interno del tuo pc o su una chiavetta
  • utilizzare le risorse in cloud solo per archiviare ciò che è strettamente necessario
  • smaltire i vecchi device nei centri di raccolta comunali
  • riutilizzare le ricerche già effettuate sul browser, senza inserire ogni volta i termini di ricerca
  • preferisci il download allo streaming
  • abbassa la luminosità dello schermo

L’importante è essere consapevoli che, anche nel virtuale mondo del digitale, i nostri comportamenti hanno delle conseguenze reali sull’ambiente e quindi agire con i dovuti riguardi.

botmon
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